
Nato il 16 dicembre 1921 a Torino, Paolo Diena perse la vita l’11 ottobre 1944 a Coto rauto d’Inverso Pinasca, nella provincia di Torino. Già studente di medicina, dimostrò un eccezionale impegno durante la resistenza partigiana, tanto che dopo la Liberazione, l’Università di Torino gli conferì la laurea “ad honorem”, in riconoscimento del suo servizio ai partigiani.
Conosciuto come il “dottore dai capelli rossi”, Diena si distinse per il suo coraggio e la sua umanità: durante i rastrellamenti dell’agosto 1944, quando i nazifascisti cercavano di sradicare la resistenza partigiana nelle valli Chisone e Germanasca, Paolo Diena sfidò gravi pericoli per soccorrere i feriti: li nascose in luoghi sicuri, provvedendo alle loro cure per settimane, e riuscì anche ad allestire un piccolo ospedale da campo nella vecchia casa parrocchiale a Laval, in Val Troncea.
Tuttavia, dopo due mesi, a causa dei continui pattugliamenti tedeschi, si trovò costretto a trasferire i feriti all’alpe dei Poveri, un insieme di baite seminterrate situato nell’alta Val Troncea. Qui, nascosto nel bosco, tra le rocce e con pochi materiali di fortuna, Paolo si dedicò alla cura dei feriti, affrontando il pericolo costante delle incursioni nemiche. Solo di notte si allontanava brevemente per procurarsi acqua e cibo per i suoi pazienti.
Il 7 settembre, tornò dalla Francia il dottor Bermond; il suo contributo offrì l’opportunità di trasferire i feriti all’alpe del Prato dell’Aquila. Successivamente, i feriti poterono essere trasferiti in ospedali della Val Pellice, dove finalmente ricevettero le cure necessarie. Tuttavia, un paziente in particolare, Remo Raviol, necessitava di cure speciali a causa della perdita di un occhio. Diena decise di accompagnare personalmente il partigiano ferito fino a Luserna San Giovanni, tenendolo per mano e guidandolo passo passo, dato che Raviol era bendato.
Accompagnato il ferito a destinazione, Paolo Diena si riunì a un gruppo di partigiani, che decisero di sostare a Cotarauta d’Inverso Pinasca per la notte e partire la mattina successiva per scendere a valle. Ma proprio quella mattina vennero sorpresi da un’imboscata tedesca; durante la fuga Paolo fu colpito e perse la vita.
PERCHE’ PAOLO DIENA SI UNI’ ALLA RESISTENZA PARTIGIANA?
Durante i mesi in cui si occupò dei partigiani feriti, Paolo Diena richiese l’invio non di armi, bensì di materiale medico. Le motivazioni profonde che spinsero Paolo verso la scelta partigiana non erano semplicemente politiche, ma erano radicate in un contesto familiare e morale. Come il suo fratello Giorgio Leone Diena, anche Paolo si trovò ad abbracciare l’antifascismo non tanto per influenze esterne o ideologiche, ma per una sorta di richiamo interiore, alimentato dalla rabbia e dalla delusione provocate dall’arresto del padre. Questa motivazione intrinseca lo portò a adottare un approccio alla resistenza che andava oltre la mera politica: egli si sentiva mosso da un senso di dovere morale e di compassione umana, incarnato dal concetto del “fine di bene”.
LE TESTIMONIANZE DI PAOLO
ALTRE TESTIMONIANZE
TESTIMONIANZA DI CESARE CASTAGNA
CHI E’ CESARE CASTAGNA?
Cesare Castagna, nato il 20/08/1924 a Inverso Pinasca, aderì alla Resistenza in Val Chisone partecipando alla divisione autonoma di Ettore Serafino.

Cesare Castagna assistette all’uccisione di Paolo l’ 11 ottobre 1944 e lo seppellì nella località di Cota rauta, “Coto rauto” nel patois locale, con il significato di “costa ripida” (Pinasca).
“E noi siamo saliti a Cota rauta la notte e abbiamo dormito lì nella baita e dovevamo in giornata trasferirci sotto una Barma.
Una Barma è una roccia che sporge e che sotto è vuoto… c’è il vuoto, un riparo.
E io il mattino, io e un certo Lucchese di Perosa siamo andati a vedere.
Quando arrivo, trovo Diena Paolo, che era il dottore partigiano che – avete sentito parlare di Paolo Diena, che appunto tutti gli anni facciamo la commemorazione – era alla fontana che si lavava. E avevo messo due di guardia sulle rocce lì sopra Clos Beiran e si vede che, non so, così, c’è salito la colonna di tedeschi che erano 88 – siccome, con me, c’è gente che li ha contati perché andavano in fila indiana e ne hanno contato 88, poi c’erano forse 90 o 86 – e, quando sono arrivati su, io avevo parlato con Diena un momentino e quello è stato fatale, perché dopo sono arrivato di là, nella bianda, e io il mattino non avevo messo il mio zaino e le coperte.
Allora mi fermo lì, per mettere a posto il mio zaino, perché se per caso arriva i tedeschi sono preparato, – c’avevo il fucile mitragliatore – e lì diritto, lì nel cortile, c’era la casa, il cortile, il muro dietro e davanti c’era la strada che arrivo, ero lì dietro a fare quello e alzo gli occhi, sento gridare, erano i tedeschi lì a 5-6 metri come di qui alla finestra lì.
Paolo Diena che era là alla fontana ha tentato la fuga, è stato colpito alla tempia ed è morto subito…”
“Dopo i grandi rastrellamenti di luglio e agosto del 1944, eravamo di nuovo a Inverso Pinasca e, siccome si prevedeva un rastrellamento anche in quella zona, abbiamo formato parecchi gruppetti; io con altri dieci partigiani sono salito a Côto raouto, un gruppo di 88 tedeschi ci ha sorpresi lassù dove Paolo Diena ha tentato la fuga ed è stato colpito a morte. Le due guardie non avevano fatto il loro dovere e sono sparite; noi siamo stati fatti prigionieri e portati a Villar Perosa dove ci hanno detto che ci avrebbero fucilati il mattino dopo alle cinque. Alle nove invece ci hanno portati a Pinerolo e il giorno dopo nel carcere di Saluzzo; eravamo salvi anche se in carcere.”
M. Baret, “Gente in guerra”

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
- A.TRABUCCO, Partigiani in Val Chisone, Tipografia subalpina, Torre Pellice 1959
- A.CAVAGLION, Per via invisibile, Il Mulino, Bologna,1998
- C.BONOUS, Sognando la libertà, LAR editore, Roma, 2023
- M.BARET, Gente in guerra, LAR editore, Perosa argentina, 2014
- Archivio Ettore Serafino
- Lettere fornite dalla famiglia Diena
- Archivio Laboratorio di Storia dell’Istituto Comprensivo St. “Franco Marro” di Villar Perosa